Metti insieme un medico, un team di ingegneri e dei makers lombardi (stampatori in 3D) ed ecco che una maschera da snorkeling diventa uno strumento che salva la vita. In tempi in cui ancora non era chiaro che sta per scattare l’emergenza sanitaria, girava in Rete la foto di un signore a Napoli che aveva, a suo modo, intuito le potenzialità della maschera Decathlon. Ma la vera intuizione arriva dal bresciano…
Da Brescia le maschere Decathlon anti Covid-19
di Elisabetta Pina
«Quel signore di certo ha avuto una bella intuizione!», dice Cristian Fracassi, Isinnova, centro di ricerca e progettazione emergente con un team di 14 ingegneri al lavoro per sviluppare idee innovative per aziende, «ma non è una vera e propria protezione». E quindi voi che cosa avete fatto? «L’abbiamo trasformata in uno strumento per aiutare i malati che vanno in carenza d’ossigeno…».
Come è nata l’idea?
«Siamo stati contattati dalla direttrice del Giornale di Brescia perché l’Ospedale che cercava valvole “venturi” che collegavano i macchinari respiratori con delle maschere. È stata una corsa contro il tempo: in 24 ore abbiamo disegnato e stampato in 3d questo tipo di valvola. Superati i test in ospedale, nelle successive 24 ore abbiamo realizzato 100 pezzi con una stampante 3D».
E poi?
«In contemporanea il dottor Renato Favero, ex primario diell’ospedale Gardone Valtrompia, che sapeva che in poco tempo a Brescia le macchine respiratorie non sarebbero bastate, ha pensato di trasformare una maschera da snorkeling in un’ausilio per la respirazione. Abbiamo, quindi, unito le sue competenze mediche con le nostre ingegnieristiche e abbiamo realizzato la valvola Charlotte che permette di collegare la maschera a tutte le strumentazioni necessarie per dare ossigeno alla persona in difficoltà respiratorie».
Siete partiti subito?
«Dopo dieci ore avevamo pronto il progetto della valvola e ne abbiamo stampate quattro per i test in ospedale di Chiari, in provincia di Brescia. Questa fase è durata tre giorni, dopo la quale siamo partiti con la produzione. Decathlon, per fortuna, aveva nei magazzini circa 100mila pezzi e ci ha fornito i disegni della maschera e del boccaglio, in modo che noi potessimo lavorare alle modifiche necessarie per applicare la valvola».
Avete fatto un appello ai makers di tutto il mondo?
«Sì e sono stati davvero molto presenti. All’inizio abbiamo chieste di stampare 500 valvole Charlotte in 3D e ne sono arrivate 2000. E abbiamo coinvolto solo i makers della Lombardia! Sul nostro sito ora si sono registrati più di 2500 makers da tutto il mondo, l’elenco è pubblico. Questi makers sono disponibili ad aiutare gli ospedali a fare le modifiche necessarie. In questo modo i medici possono cercare sul nostro sito il maker più vicino da contattare».
Quanto costa la maschera modificata?
«La maschera da listino Decathlon costa circa 25 euro, ma la stanno vendendo per questo scopo a 15 euro. Le valvole le regalano, il costo di produzione è circa 2/3 euro».
Si tratta di uno strumento considerato ospedaliero?
«Tecnicamente no. Gli ospedali possono usare attrezzature solo testate e certificate dal Ministero della Salute. La maschera non è ancora certificata, ma esiste una legge che permette di utilizzare strumenti non idonei per “uso compassionevole”. Ovvero se sono terminati tutti gli strumenti idonei, ma c’è un’alternativa che può salvare la vita allora si può usare. Faccio un esempio, se una persona ha una gamba rotta e sono finiti i supporti medici ma c’è il manico di una scopa, questa si può usare per steccare la gamba del paziente»
«Avete aggirato la legge…
In ogni caso, in Italia, quando ci sono situazioni di emergenza nazionale, come questa, in cui interviene la Protezione Civile che può dare il via libera all’utilizzo di strumenti come questi, sebbene non certificati. Per fortuna i contagi sono in calo, ma i ricoverati sono ancora molti, perciò questo tipo di strumento può dare una mano. Gli ospedali di Brescia e Bergamo, che sono al collasso non hanno avuto tempo di prepararsi, quelli del resto d’Italia hanno tempo per testare questi strumenti e nel caso essere già pronti a usarli».
Quante maschere sono state distribuite in Italia?
«Il Lazio ne ha ordinate circa 8000, il Piemonte 1000, la Lombardia quasi 2000, ma non so dire il numero esatto perché non ci occupiamo della distribuzione. Di questo se ne è occupa in parte la Protezione Civile che le ha comprate per poi donarle agli ospedali, oppure ci sono società private come il Gruppo Oldrati (azienda bergamasca che produce guarnizioni industriali in diversi paesi, ndr) che realizza direttamente sia le maschere e sia le valvole Charlotte e le distribuisce».
Stanno continuando a produrne?
«Sul nostro sito sono scaricabili i disegni per la stampa delle valvole e i tutorial per l’uso. Chiediamo anche a chi la usa di darci un feedback. Ad oggi siamo a oltre 2 milioni di download da tutto il mondo senza vincoli, in Italia sono circa una cinquantina gli ospedali che hanno ricevuto le maschere trasformate».
E all’estero?
«In molti Paesi di tutto il mondo si stanno rifornendo di questo ausilio come soluzione alternativa quando non ci sono più posti in terapia intensiva. Dal Brasile al Mozambico, dalle Filippine all’Australia, fino all’Uzbekistan e alla Turchia e altro stati dell’Europa, in molti stanno adottando questo sistema. Noi seguiamo solo ordini di piccole entità. Per esempio, ci ha contattato un medico dall’Australia che ne ha ordinate 50 da testare, sta cercando di portarsi avanti prendendo spunto da quello che è successo negli altri Paesi».
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