Immagina di nascere in un quartiere alla periferia di Palermo, o anche di Milano, poco cambia.
Magari un quartiere malfamato, degradato, immerso dentro le zone della criminalità o in quelle colline sconfinate di giallo dove internet non arriva e il cibo a volte manca.
O immagina di nascere in un minuscolo borgo rurale dell’Italia del Sud e di chiamarti Michele Amitrano che frequenta la quinta elementare e vive ad Acqua Traverse. E e che con la sorella più piccola e altri ragazzi fanno una corsa in mezzo al grano.
La tecnologia per sconfiggere la povertà
di Serenella Bettin
Ecco, qui, in questi borghi, che non esistono solo nei film, ma esistono per davvero, magari il virus non arriva ma arriva un’altra emergenza, l’emergenza nell’emergenza.
Che si infila sotto profonda, nascosta, subdola, che avanza nascosta. Quella che non la puoi urlare ogni giorno nei media, quella che non la puoi controllare, quella che rischia di farti male, un male cane. Un male interiore, un male psicologico, ma un male anche sanitario, nutritivo, igienico, emotivo.
Margherita ha undici anni, fa la quinta elementare, ogni giorno fa i compiti da sola, dà da mangiare agli animali, innaffia l’orto e raccoglie le uova per la nonna. La sua è una storia come tante altre che ci sono sparse in tutta Italia. Storie di povertà, di povertà assoluta.
Ci sono bambini che non possono mangiare, che l’unico pasto decente era quello della mensa a scuola passato dal comune. Bambini che non hanno un appoggio, un punto di riferimento, che venendo a mancare la scuola, si sentono abbandonati, soli, senza paletti né desideri. L’emergenza si è portata via pure quelli.
Ci sono bambini che non hanno tablet, che non hanno telefonini, magari sono in cinque in famiglia e hanno un solo aggeggio, impossibile farlo bastare per tutti per i compiti online. Ci sono bambini che vivono in zone talmente degradate che non ci passa nemmeno la rete, che non arriva la linea, che non arrivano i giga. Quelli che ora ti consentono di stare connessi con il resto del mondo e di non perdere nemmeno una lezione.
Oltre un milione e più
In Italia si stima che i bambini in povertà assoluta nel nostro Paese siano oltre un milione e 260 mila. Ma negli ultimi dieci anni sono triplicati passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018.
Complici gli strascichi della crisi che il 2008 porta con sé, e degli effetti di questa devastanti. Intere famiglie senza lavoro, lavori precari, sussidi comunali, pochi spiccioli per fare la spesa, per comprare qualcosa, per colorare un po’ la tavola almeno in un giorno di festa.
E così sono intervenute in campo le reti “Investing in Children” e “Alleanza per l’Infanzia”, oltre alla Fondazione “L’Albero della Vita” che consegna buoni spesa, connessioni internet e tablet per 1000 famiglie in povertà.
“Le loro famiglie nella maggior parte dei casi – dicono i referenti di Investing in Children e Alleanza per l’Infanzia – sono senza lavoro e se presente, hanno contratti di carattere precario. Non potranno quindi in larga parte godere delle misure di supporto alle aziende ai lavoratori e la loro condizione di indigenza è condannata a peggiorare.
Sono bambini che di sovente a scuola fruiscono dell’unico pasto quotidiano. Bambini che a scuola faticano ad andare già in condizioni ordinarie, e che vivono in molte aree del nostro Paese – nel sud in particolare, ma anche in tante zone periferiche di città economicamente avanzate nel nord est, dove l’accesso all’istruzione rimane l’unica alternativa alla strada”.
Superare l’isolamento
Perché se nasci in un quartiere degradato, l’unica via d’uscita resta la scuola, o qualcuno che ti tenda una mano. Oltre al fatto – come fa sapere il responsabile dell’area povertà Giuseppe Dirienzo – che il malessere psicologico derivante dalla necessità di coabitazione forzata e prolungata di adulti e bambini in uno spazio angusto e, talvolta, malsano, aumenta. Come il rischio di violenze domestiche.
Secondo poi gli ultimi dati Ocse diffusi, il 14% della popolazione italiana vive in una situazione di relativa povertà. E il 27%, rischia invece di finire in povertà se dovesse perdere tre mesi consecutivi di stipendio, scenario questo, vista la situazione, alquanto possibile.
E poi c’è il senso di isolamento che possono provare quei bambini che vivendo in determinate condizioni. Si sentono esclusi perché non riescono a seguire le lezioni, non riescono ad arrivare dove altri possono arrivare, semplicemente perché non hanno mezzi tecnologici.
mklk
La rete Investing In Children aveva già previsto che questo avrebbe aumentato il solco tra studenti di serie A e serie B. Ivano Abruzzi, il direttore generale della fondazione L’Albero della Vita, ha detto: “Le famiglie in povertà, che vivono da sempre in ambienti dove degrado e marginalità sociale fanno da padroni, in questo momento stanno vivendo un forte stress emotivo e in questo clima di fragilità e vulnerabilità i bambini in povertà hanno necessità che la scuola e gli enti del terzo settore continuino a fare squadra assicurando assistenza educativa a chi a scuola faceva fatica ad andare già prima”.
E così si sono attivati, grazie al supporto di Vodafone che ha donato complessivamente più di 1200 tra smartphone e tablet e più di mille schede sim con piano illimitato a strutture ospedaliere, fondazioni e associazioni del terzo settore.
Impegnate in prima linea nella lotta al Coronavirus, ora raggiungeranno mille famiglie consegnando tablet, dispositivi o fornendo connessioni. Oltre a 800 buoni spesa inviati direttamente sui cellulari da consumare nei negozi più vicini alle abitazioni. A oggi sono partner anche Amazon e il Centro Commerciale La Conca D’oro.
Quando la tecnologia, insomma, abbatte le barriere. Anche quelle della povertà.
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