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Coronavirus, Merlara chiede aiuto per la casa di riposo

Oggi pomeriggio TraMe&Tech darà il via a un progetto per dare una voce digitale alle storie dell’Italia colpita dal Coronavirus. Per aiutare chi è in difficoltà, come il caso di Merlara che leggete qui. Ma anche per dare speranza sul fatto che ne usciremo. Anche con l’uso della tecnologia e dei mezzi che ci mette a disposizione per raccontare.

In questo caso parliamo della situazione nella case di riposo. Parlando di una in particolare, ma sapendo che la situazione è così purtroppo in molti altri paesi.

Aiutiamo la casa di riposo di Merlara

di Serenella Bettin

Il grido di aiuto stavolta arriva da Merlara, un comune di poco meno di 2700 abitanti in provincia di Padova.  È a mezz’ora da Vo’ Euganeo, qui da dove in Veneto è partito tutto. Qui da dove quel 21 febbraio scorso le vite di tutti sono cambiate. A Vo’ Euganeo c’è stata la prima vittima italiana di Coronavirus, si chiamava Adriano Trevisan e aveva 77 anni. Era il padre dell’ex sindaco di Vo’, Vanessa Trevisan.

Da lì partirono controlli a tappeto, Vo’ venne blindata, il giorno in cui scoppiò tutto faceva una paura tremenda e tutti gli abitanti vennero messi in quarantena. E ora. Ora il virus è esploso dentro una casa di riposo. Questo maledetto virus che si prende i nostri anziani, i nostri vecchi, le nostre storie, le nostre memorie.

Questo virus che si insinua dappertutto, che si moltiplica, che si ribella, che si aggrappa alle vite delle persone trascinandole nel basso, nello sconforto, nella disperazione e in molti casi nella morte. I numeri parlano. Raccontano. Non sono soltanto numeri.

Sono persone, donne, uomini, desideri nascosti. Sono storie, sono genitori, sono madri, padri, che hanno donato la vita ai figli e ora non possono nemmeno vederli.

Una vittima al giorno

Accade a Merlara appunto, nella casa di riposo Pietro e Santa Scarmignan, il virus ha contagiato ospiti e personale. Sabato è morto un anziano.

Si chiamava Nerone Ugo Melato, aveva 89 anni ed era di Saletto di Borgo Veneto. Domenica poi è toccato a una donna, era del 1922, Camilla Costantini. Anche se la direzione per motivi di privacy non ha voluto confermare se la donna fosse o meno tra i sessanta ospiti risultati positivi al Covid. Idem un’altra donna, morta domenica anche lei.

Infatti perché in quella casa c’erano 69 ospiti, e 63 sono stati contagiati. Oltre a 25 persone del personale che dentro ci lavora. I positivi quindi sono 88, compresi i tre deceduti. E il problema più grande è il personale sanitario che non ce la fa più. Che essendo dimezzato non riesce a far fronte a questa situazione.

Turni massacranti. Impossibili da reggere. Oltre alle mascherine che stanno per finire. Il sindaco ha fatto recapitare un messaggio vocale al governatore del Veneto, Luca Zaia. Che ora in regione partirà con i tamponi a tappeto a tutti, a partire dal personale sanitario.

Le parole del sindaco

Quei pochi operatori rimasti –  racconta il sindaco di Merlara Claudia Corradinhanno il terrore di contagiarsi anche perché le mascherine e i dispositivi di protezione stanno per esaurirsi. Altri hanno paura”.

“Noi abbiamo fatto tutto quello che era possibile fare, ma ora sono allo stremo. Serve un’attenzione anche a queste strutture. Capisco che la Regione è in difficoltà ma ci sentiamo abbandonati. Quando entra un virus in una struttura così, è ovvio che ci sia la decimazione”.

“La Regione ci ha indicato alcune cooperative da contattare per mandare i rinforzi del personale, anche se non hanno qualifiche di Oss, ma che in qualche modo possono coadiuvare. Ho scritto all’Azienda Zero, l’ente del servizio sanitario regionale. Merlara deve essere messa come priorità per i dispositivi. Tutti hanno priorità ma questa è una priorità assoluta!”.

“Ce la faremo”

“Siamo in continuo contatto con prefettura, Ulss, protezione civile e quanti possono dare un contributoha scritto il sindaco domenica su Facebookè necessario mantenere la calma e non fomentare polemiche. Ce la faremo”.

Gli anziani lì dentro, non possono vedere nessuno se non gli operatori. Non vedono i loro cari. Non vedono figli. Non vedono i nipoti. L’unica cosa che possono fare è una chiamata virtuale. Una videochiamata su whatsapp. Ai tempi del Coronavirus, questa è l’unica cosa che dà loro calore.

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