La scuola da digitalizzare: intervista a Luca Siboni (Tp-Link)

da | 2 Mag 2020

Tra i 28 Paesi che compongono l’Europa l’Italia è al 24° posto nel punteggio DESI 2019.

Ovvero l’indicatore della Commissione Europea che misura il livello di attuazione dell’Agenda Digitale di tutti gli Stati membri. Il numero è impietoso, soprattutto adesso che la tecnologia è diventata indispensabile in settori nevralgici come la scuola.

Ne abbiamo parlato Luca Siboni, Distribution Key Account Sales Manager di TP-Link. Una delle aziende più attive nella fornitura di dispositivi avanzati per la connessione.

Internet e la scuola: intervista a Luca Siboni (TP-Link)

di Marco Lombardo

Cominciamo dai dati.“La fotografia dimostra che c’è molto da fare.  Secondo i dati Istat 2018, una famiglia italiana su quattro non dispone di accesso alla banda larga da casa”.Un trend generalizzato?“In effetti no. Il Trentino è in testa alla classifica, il Molise è l’ultimo. Ecco: ci sono ben 15 punti di differenza in termini di copertura. E al Sud la maggior parte delle famiglie non ha un computer in casa: ben 4 su 10”.Come si fa a garantire così una scuola uguale per tutti?“Questa è la sfida che bisogna affrontare. Sempre in Meridione, solo 3 ragazzi su 10 hanno competenze digitali elevate. Un dislivello che va colmato. E poi c’è il problema dei professori”.Poco tecnologici?“Pochissimo. Secondo il report Educare Digitale di Agcom del 2019 tracciato su dati Miur, solo il 47% degli insegnanti afferma di utilizzare le tecnologie quotidianamente nelle proprie attività formative. In pratica: i prof a scuola usano pochissimo internet. E ancor meno lo fanno usare agli studenti”.Serve anche una rivoluzione culturale.“Di sicuro. Ma anche più formazione: pensi che in questo periodo solo il 20 per cento degli insegnanti si è in qualche modo riqualificato al digitale. E questo vuol dire che molti studenti sono rimasti senza far niente o quasi”.Una situazione allarmante.“Investire nella scuola è essenziale per il futuro del nostro Paese. L’educazione digitale deve necessariamente incentivare sia lo sviluppo di competenze di studenti e insegnanti, sia l’uso pedagogico delle tecnologie. Bisogna cominciare a cambiare metodologie di insegnamento”.Si deve anche cambiare le infrastrutture. Si parla tanto di 5G, ma in certi punti d’Italia non si arriva neanche al 4G. Figurarsi alla fibra ottica…“Vero. Sempre Agcom solo il 9% delle scuole primarie, l’11,2% delle secondarie di primo grado e il 23% delle scuole superiori ha disponibilità di banda internet di qualità. Da qui bisogna partire, e noi siamo disponibili a intervenire in aiuto dello sviluppo”.Cominciando da dove?“Innanzitutto dalla formazione. Abbiamo appena concluso una serie di webinar per raccontare la terminologia della Rete e degli strumenti che servono a farla funzionare. Non possiamo pretendere che le persone comuni sappiano per forza, ad esempio, cosa significhi

mesh”.

Andrebbe spiegato anche sulle scatole dei prodotti in parole semplici.
“Sono d’accordo. Ma stiamo lavorando per rendere tutto più comprensibile”.

E in effetti a volte c’è chi ancora non sa la differenza tra Adsl e fibra ottica…
“Giusto. Ma devo dire che per fortuna su questo comincia ad esserci maggiore consapevolezza”.

Bene: e ora?
“Ora è il momento di intervenire per superare la carenza di infrastrutture informatiche. Quello della digitalizzazione delle scuole italiane e dell’insegnamento dell’uso della tecnologia è un problema che viene da lontanto. Un percorso troppo lentoche risale a più di dieci anni fa, quando nel 2007 si era discusso di un Piano Nazionale per la Scuola Digitale del Ministero dell’Istruzione”.

Da allora poco è cambiato
“Non si è fatto abbastanza, nonostante ci sia qualche eccellenza in Italia.  La scuola italiana è composta da circa 850.000 docenti, che lavorano su circa 36.000 sedi, in più di 350.000 classi. Composte da 8 milioni di studenti dai 6 ai 19 anni, con 4,5 milioni di famiglie coinvolte. Serve un piano a largo raggio”.

Da dove cominciare?
“I fondi stanziati dal decreto “Cura Italia” rendono disponibili subito 10 milioni di euro per consentire alle istituzioni scolastiche statali. Possono utilizzarli per dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o per potenziare quelli già in dotazione”.

Bastano?
“Certo, è un inizio. Ma ci sono anche 70 milioni di euro per dare in comodato d’uso agli studenti meno abbienti dispositivi per poter accedere alla rete e alle piattaforme di e-learing. In più anche 5 milioni di euro per formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza”.

Resta il problema delle infrastrutture.
“Noi di Tp-Link abbiamo strumenti e professionisti che possono risolvere molti dei problemi. E aiutare le scuole a ripartire con mezzi più tecnologici”.

Per esempio?
“Abbiamo una vasta oltre gamma di dispositivi per la connettività domestica e perfetti per la scuola a distanza. E poi da anni forniamo soluzioni wireless professionali adatte a supportare gli istituti scolastici. Offrendo conoscenza e prodotti professionali all’avanguardia per realizzare l’ammodernamento digitale in tempi rapidi e a costi competitivi”.

Che tipo di prodotti? 
“La linea di prodotti business wireless Omada, che in greco significano “squadra”. Con la quale si può intervire sia su piccoli edifici sia su ampi comprensori scolastici fornendo una connettività wireless solida e affidabile.  E poi l’ecosistema di prodotti professionali TP-Link, che comprende Access Point Wi-Fi, Switch, Router VPN e Security Gateway, che è possibile gestire da un’unica piattaforma centralizzata in Cloud tramite Hardware o Software Controller”.

La solita domanda: e la privacy?
“Beh, ovviamente per un’azienda come la nostra è al primo posto. I nostri prodotti sono tutti compatibili con il regolamento europeo Gdpr. E in più ci sono delle possibilità come quella di installare una per conservare i propri dati criptati e averli disponibili per 365 giorni. Naturalmente per decrittarli ci vuole poi un tecnico specializzato”.

Riassumendo, dunque, TP-link è pronta.
“Lo siamo. E siamo anche disponibili a collaborare con le istituzioni scolastiche per rendere il cambiamento più veloce possibile”.

 

 

 

 

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