Cosa fa un filosofo moderno come Raffaele Tovazzi?
Per esempio, pur vivendo a Londra, prende la famiglia e torna nelle sue valli trentine. “Perché respirino aria pulita e non perdano il dialetto…”. E intanto continua il suo lavoro di podcaster. Perché è quello il mezzo di cui la ricerca moderna della verità non può fare a meno.
Raffaele Tovazzi insomma è “Chi cerca Tova”: lo potete rintracciare su “Spotify e su tutte le principali piattaforme di podcasting”, perché è così oggi che si deve dire. Ce lo spiega in questa intervista, che in realtà è una bella chiacchierata. E ci spiega cosa è un podcast oggi.
Intervista a Raffaele Tovazzi
di Marco Pietro Lombardo
La tua presentazione parla di “Intellectual Dark Web”. Cominciamo da qui.“Si tratta di una nuova tendenza. Ovvero quella per cui intellettuali controcorrente e anticonformisti che non trovano spazio nei media tradizionali, superano il mainstream per far conoscere le proprie idee”.Una tendenza sempre più in crescita.“Per forza. Fino a 20 anni non c’era alcuna possibilità di far passare un messaggio che fosse quello voluto dai media tradizionali. Ora siamo in una nuova fase. Allora chi voleva avere una radio o una tv da dove trasmettere, doveva essere un tycoon. Oggi ci sono youtube, podcast, blog. Nuove forme di tv, radio e giornali che non sono più media minori, ma la principale forma di informazione per chi è under 45”.Così ecco i nuovi canali per gli intellettuali.“Questi scienziati, psichiatri, accademici, pensatori radicali insomma, hanno aperto un proprio podcast per far filtrare le proprie idee. E la differenza è chiara: un video può essere un gioco di prestigio, mentre nel podcast è molto difficile mascherare un’assenza di contenuto. Per dire: non stai a sentire 2 ore e 40 minuti di Joe Rogan che parla con Elon Musk, se non c’è dentro qualcosa”Parliamo dunque di contenuti destinati a un pubblico diverso.“Diciamo meglio: a un un pubblico meno superficiale di quelli dei video. Come detto è un canale primario per ristretto numero di intellettuali che non troverete in nessuna radio. La cosa rivoluzionaria è che la nicchia diventa la prevalenza”.Che lavoro è allora quello del podcaster? Spiegato semplice…“Ah è semplicissimo. Io per esempio ho due lavori: il primo è quello di ascoltatore di questa tendenza, soprattutto nello scenario internazionale. In Italia il mercato è indietro di un paio d’anni…”.E il secondo lavoro?“Come podcaster è
Chi cerca Tova. Un luogo dove per la prima volta queste idee radicali e innovative trovano spazio in lingua italiana”.
In che modo?
“Raccontando i miei pensieri su argomenti fuori dal mainstream. Potete per esempio ascoltare una puntata in cui parlo delle dieci regole della manipolazione mediatica in tema coronavirus. Oppure prendo spunto da un libro sulla Freakonomics per raccontare il fenomeno del furto delle brioche nelle aziende americane”.
A questo punto sono curioso.
“Ecco: lo sai che più una persona è importante, più tende a rubare le brioche nella sua azienda? Vuoi la risposta su questo fenomeno? Io non te la do, te la devi fare da sola. Io offro stretching per la mente…”.
Una volta si diceva: in versione spay…
“Ma mica vero. Ormai ci sono così tanto piattaforme che il tuo messaggio arriva a tutti. E poi c’è appunto l’esempio di Joe Rogan, il numero uno assoluto”.
Come ha fatto a diventarlo?
“Raccontando. Sembra banale, ma non lo è. Tanto che adesso ha firmato un contratto esclusivo con Spotify, che è diventata la piattaforma principale per i podcast grazie a gli ingenti investimenti che hanno fatto. Praticamente è il sinonimo di streaming, come la Bic per le penne. E pensare che la parola podcast l’ha inventata Apple”.
Dunque c’è solo Spotify adesso.
“Eh no: come detto la formula è che i programmi ora sono…”.
Già, “disponibili su Spotify e sulle principali piattaforme di podcasting”. Però, domanda da profano: come ci si guardagna?
“Non pensando di poter guadagnare”.
Facile…
“Lo so, ho detto qualcosa di impopolare. Ma il senso è che bisogna essere prima di tutto mossi dalla voglia di comunicare. Il pubblico ormai è talmente raffinato che se utilizzi un podcast per fare marchette, si capisce subito. Il valore è l’indipendenza di pensiero, l’esprimersi senza condizionamenti, essere autentici. Dire la verità, cioè quello che pensi sia vero in quel momento”.
E quindi?
“E quindi io guadagno con i progetti di podcast, ma non con il podcast. Joe Rogan per anni ha continuato a registrare contenuti, anche pazzeschi come le due ore e 40 con Musk. Ha creato verità alternative. Oggi è in cima alla classifica e guadagna circa 38 milioni di dollari l’anno”.
È il rovesciamento del sistema.
“È l’abbattimento del mainstream con la sola parola. Con un contenuto audio verticale che puoi ascoltare con qualsiasi mezzo in qualunque posto”.
Però: tra mainstream e complottismo come si fa a stare in mezzo?
“Semplice: ascoltando tutte le campane e facendosi un’idea personale, unica. Ti faccio l’esempio del mio amico Stefano”.
Prego.
“È un mio amico dai tempi dell’asilo, da 35 anni. È un chirurgo, la persona più razionale che ci sia, eppure ascolta i podcast dei terrapiattisti. E io stesso gli dico: ma sei matto? La sua risposta è l’esempio: la mia mente razionale mi dice che è impossibile che uno possa pensarla così, ma io voglio allenarmi a considerare anche quello che la mia mente ritiene impossibile”.
Stretching…
“Proprio quello. Lui non crede certo che la terra sia piatta. Ma vuole capire perché certa gente lo pensi. Si crea delle alternative, per non cadere nella religiosità della verità precostituita. E religioso viene dal latino religo, cioè essere legati a qualcosa”.
Vale per Stefano, ma bisognerebbe cominciare da piccoli.
“O cominciare con i piccoli. Una volta stavo portando in auto mio figlio che aveva 3 anni dai nonni, e lui a un certo punto ha esclamato: guarda papà, la luna! Mentre cercavo di convincerlo che in pieno giorno fosse impossibile, ho alzato gli occhi e ho avuto un flash: l’ho vista. C’era, ma io non la vedevo: la mia preconoscenza me lo impediva”.
Che fatica farsi un’idea, insomma.
“Di più: formare il proprio pensiero è una fregatura. La filosofia è un gioco solitario. Ma è un gioco bellissimo”.
Come convincere le persone a partecipare?
“Facendo capire che il podcast è una discussione ragionata che esce da questo clima di infodemia in cui la verità si mischia a verità relative che diventano narrativa universale. Chi urla di più ha ragione, prendiamo l’esempio di Trump. In realtà però con il podcast rispondi del tuo pensiero e in tempi in cui la parola è pesata. Il ragionamento ha bisogno di tempo. Uno strumento per pochi? Meglio che sia così…”.
Il podcast è il futuro?
“Soprattutto è passato. Il riferimento storiografico è quello delle prime radio libere. Quella Radio Caroline dei mari del Nord che ha lanciato la musica dei Beatles, dei Who, dei Rolling Stones. Quando la BBC manco si sognava di mandare in onda certa roba. E poi Italia la radio libera la faceva anche Umberto Eco”.
Insomma, il podcast è libertà.
“La differenza rispetto le radio libere è che quelli erano strumenti da pirati, il podcasting è lecito. Per me è appunto la vera ricetta contro l’infodemia. E uno strumento fondamentale per formare la classe dirigente del futuro”.
Un gioco ancor più complicato.
“Il passato insegna. Gli anfiteatri del VI secolo avanti Cristo avevano il compito di intrattenere, erano la tv dell’epoca. E avevano un effetto pedagogico: si imparavano i valori della società attraverso i grandi poeti che raccontavano la gesta degli eroi. Il podcasting ritorna all’origine del pensiero occidentale, quando la narrazione individuale creava un beneficio collettivo”.
E allora bisognerebbe farne una materia scolastica.
“Guarda: un fondo investimento di Londra mi ha proprio chiesto di scrivere un saggio per come immagino la scuola del futuro. E io ovviamente ho inserito il podcast come passaggio fondamentale per un futuro migliore”.
Finiamo con un consiglio.
“Facciamo due. Il primo è di coinvolgere i bambini. Spesso a Londra porto i miei figli di 7 e 10 anni nel mio studio con i loro amici e chiedo loro di fare un podcast da far ascoltare ai propri genitori. Un gioco che li diverte tanto, ed è sicuramente meglio che stare ore davanti alla tv e ai videogame”.
E il secondo?
“Provate ad ascoltare di più. Il mondo sarebbe migliore se la gente imparasse di più a confrontarsi su opinioni diverse, invece di litigare su quello che dicono i politici d’oggi. Ascoltate, e fatevi la vostra idea. Questo è molto podcast…”.
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