«Siamo tutti un po’ imprenditori, soprattutto di noi stessi in questo momento». Detto da un uomo di impresa come Marco Gay, è l’esatta fotografia del momento. Soprattutto perché lui, oltre ad essere presidente di Confindustria Piemonte, è soprattutto presidente esecutivo di Digital Magics. Ovvero la società che fa diventare realtà i sogni delle startup.
Intevista a Marco Gay: “Digitl Magics, l’acceleratore i startup”
Com’è il futuro visto da Digital Magics?
«Con ottimismo. Nonostante l’emergenza abbiamo lavorato per cambiare il nostro modello rapportandoci a un mercato italiano di innovazioni e startup in crescita».
Risultato?
«Posso dire con orgoglio che il mercato italiano del capitale di rischio ha superato il muro del miliardo di euro, facendo una crescita di oltre il 100%».
Bisogna crederci, insomma.
«Sempre. Per noi quel muro è un grande segnale dopo anni di fatica e di crescita, in cui le startup innovative venivano viste quasi come un’eccezione. Invece fanno parte dell’economia reale e racchiudono tutto quello che conta: industria, competenza, talenti, internalizzazione, attenzione al mercato, valore aggiunto».
Quali sono le caratteristiche per affrontare l’avventura di una startup?
«È una sfida che va oltre l’investimento perché crea qualità e prospettiva. Una sfida che noi di Digital Magics abbiamo raccolto puntando sulla crescita del valore del nostro portafoglio».
Investire, insomma.
«Di più: creare valore diventando soci e non solo investitori. Noi ora vogliamo arrivare al valore di 100 milioni del nostro portafoglio entro il 2025, con programmi di accelerazioni verticali. Per il successo ci vogliono competenze, network e, appunto, investimenti. Senza i primi due, il terzo perde di efficacia».
I settori su cui puntare?
«Noi abbiamo programmi di accelerazione nel fintech e nell’insurtech. Anche grazie alla partnership importantissima con Cassa depositi e prestiti. Poi c’è 5G e iOT, intelligenza artificiale, sostenibilità. Tutti programmi triennali. Siamo anche soci nel progetto Hyperloop, il treno superveloce».
Come guidate le startup?
«Anche con partner terzi, come Tamburi Investment Partners, nostro primo azionista e l’Università Luiss Guido Carli che è entrata da poco nel nostro azionariato, nonché partner industriali che accompagnano la crescita delle startup».
Qualche consiglio per aspiranti startupper?
«Il punto di partenza è voler essere un imprenditore. Dire ho una buona idea e appena trovo i soldi lo faccio, non è fare impresa. Bisogna esserne convinti, metterci il tempo – e il tempo è importante quanto il denaro -, formare un team e iniziare a lavorare su un progetto fino al prototipo. A quel punto capisci se ha senso, se ha un mercato. E poi fa entrare il partner giusto».
Sembra semplice, ma…
«Ma fare l’imprenditore è faticoso, e la scelta da chi farsi affiancare non deve essere fatta con troppe remore. I programmi di accelerazioni sono uno strumento straordinario: quando passi la selezione hai 4 mesi di lavoro con aziende che ti aiutano a capire il mercato. Non mettere loro troppi veti è la scelta giusta».
Collaborazione, è la parola d’ordine.
«Ed essere sul campo. Abbiamo 8 location e partner in tutta Italia, essere vicini alle aziende che nascono è fondamentale. Con fondazioni e centri di ricerca si crea un ecosistema fondamentale per cogliere le migliori opportunità. Conta più come evolve il fatturato, non quanto si fattura. E poi resta una cosa..».
Quale?
«Il capitale umano. Oggi le startup innovative in Italia sono oltre 13mila e questo vuol dire che ci sono oltre13 mila centri di innovazione in tutto il territorio. Dai 60mila addetti che ci lavorano nascono i talenti. E nasce il futuro italiano».
giornalista appassionato di tutto quanto fa tecnologia, caporedattore del quotidiano Il Giornale