I rifiuti Covid-19 e il pericolo dello smaltimento: intervista a Paolo Tuccitto

da | 13 Mar 2020

C’è un’emergenza nell’emergenza. Che allargando sempre di più le zone rosse diventerà un pericolo. Lo sta già diventando. Insomma: l’allarme in corso ha un suo capitolo nella raccolta dei rifiuti Covid-19 a rischio infettivo. Nel quale la tecnologia potrebbe fare la sua parte, se fosse usata correttamente. Ce lo spiega un esperto in materia, che racconta anche come in Italia ci sia sempre un lato oscuro. Pronto a venire a galla appena l’emergenza diventa realtà.

A destra nella foto Paolo Tuccitto

Il pericolo dei rifiuti Covid-19

Intervista a Paolo Tuccito

«C’è un’emergenza di cui nessuno parla, ma può essere ancora peggio di quella del coronavirus. È quella dei rifiuti». Parola di Paolo Tuccitto, che per intenderci è il manager che ha inventato il sistema per l’inertizzazione dell’amianto. Insomma: tra le varie appendici dell’allarme virus in Italia ce n’è una che sta diventando sempre più pericolosa man mano che si allargano le aree considerate «zona rossa». E questo perché in Italia fatta la legge (il Dpr 254/2003 che riguarda lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri a rischio infettivo) si trova l’impasse. «Ovvero tra un po’ i rischi per la salute arriveranno dagli inceneritori».

In che senso?

«Premesso: i rifiuti ospedalieri di cui sopra hanno un trattamento a parte. Tanto che il loro smaltimento costa fino a 2000 euro a tonnellata, contro i 130 euro per quelli normali. Per intenderci: ogni anno le tonnellate smaltite sono centinaia di migliaia».

E il coronavirus cosa c’entra?

«C’entra, perché in questi giorni anche i rifiuti della zona rossa vengono trattati come quelli a rischio infettivo: niente differenziata, si prende tutto insieme e lo si brucia nei termovalorizzatori. Peccato che…».

Prego.

«Ci sarebbe un altro sistema, più economico e pulito: ovvero quello della sterilizzazione attraverso dei dispositivi che possono essere messi in loco senza bisogno di spostarli. La macchina a 150 gradi abbatte virus e cariche batteriche. E poi tritura tutto: solo a quel punto quel che resta viene utilizzato come composto igienizzato per combustibile».

La convenienza?

«Quella economica è del 50 per cento, quella dei volumi del 60. E quella ambientale è pazzesca, se lei pensa al fatto che i rifiuti non devono essere trasportati con i camion ogni giorno ma solo alla fine della lavorazione».

E perché non si fa?

«Bella domanda. Lo sa lei, per esempio, che la termodistruzione di questi rifiuti speciali in Italia è fatta da una sola società?»

In realtà no.

«E invece è così, con diversi impianti che si scambiano tonnellate di materiale da una regione all’altra. E c’è un inceneritore in Emilia che è stato chiuso per valori di legionella oltre i limiti. C’è stata al riguardo pure un’interpellanza parlamentare dell’Onorevole Zolezzi dei Cinque Stelle, presidente della commissione rifiuti della Camera, il 18 gennaio. Ma nessuno ne ha parlato».

Qual è il rischio?

«In Lombardia i rifiuti speciali vengono pagati come fossero quelli normali, me l’ha assicurato l’assessore Confalonieri. Solo che si sta superando i limiti fisici degli inceneritori. E se la zona rossa dovesse estendersi sarà un problema dove trattarli: in altre regioni il problema potrebbe essere ben più grave. E se li si smaltiranno insieme agli altri, aumenterà il pericolo di produzione di diossina dell’aria».

Soluzione?

«Gli sterilizzatori, appunto, come si fa nel resto del mondo. Dove ci sono centinaia di isole ecologiche specializzate per nazione. Ho mandato all’assessore Confalonieri una mail dell’azienda che li produce per illustrare il tutto».

E di dov’è l’azienda?

«Questa è la parte più grottesca della storia: è un brevetto italiano».

Potete trovare informazioni sugli sterilizzatori di rifiuti a rischio infettivo della Newster System di Cesarolo di Coriano (RN)  a questo link.

Questo il testo del DPR 254 del 2003.

Qui il testo dell’interrogazione parlamentare dell’Onorevole Alberto Zolezzi.

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