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Food e tecnologia: cosa accade alla ristorazione ai tempi del Covid-19

Se tutto va bene dal primo di giugno potremo tornare a bere un caffè al bar, pranzare con un panino nel nostro locale preferito e sorseggiare un drink all’ora dell’aperitivo. In attesa di tornare alla pseudo normalità della ristorazione, locali e ristoranti, chiusi ormai da due mesi, stanno rivoluzionando il business dell’asporto e della consegna di prodotti a domicilio.

«Con l’emergenza Covid-19 gli operatori del settore hanno dovuto adottare il proprio business in base alle esigenze e alle modalità di consumo emerse», ha spiegato Vittoria Veronesi, direttrice del Master in Food and Beverage della Bocconi, in un’intervista al Sole24Ore. Insomma, l’home delivery continua a essere un driver di sviluppo fondamentale per la ristorazione e un trend destinato a crescere anche dopo la tanto attesa riapertura.

Inoltre, il delivery si specializzerà sempre di più regalando vere e proprie esperienze ai clienti che si sentiranno coccolati come al ristorante. E, come sempre, è la tecnologia a rendere possibile l’impossibile. Ne parliamo con Anna Prandoni, direttore di Gastronomika.

Intervista ad Anna Prandoni, direttore di Gastronomika

di Elisabetta Pina

Come sta reagendo la ristorazione italiana ai tempi del Covid-19?
«Con coraggio e perseveranza. Tante idee e voglia di fare. Sebbene con tante preoccupazioni. Non si sa come andrà e che cosa succederà. I tempi sono ancora lunghi. Da qui ai primi di giugno ci sono ancora ben cinque settimane di chiusura».

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Anna Prandoni, direttore di Gastronomika

Parliamo di delivery nella ristorazione. È un fenomeno in forte crescita?
«Nelle ultime settimane è decisamente aumentato il numero di attività che fa delivery. In questo modo si ricorda ai clienti di “esserci” almeno! Con l’ultimo decreto è l’unico modo per un ristoratore di rimanere in piedi. È chiaro che non è per tutti. Per esempio per i ristoranti stellati si tratta di un servizio davvero complesso e in forma di delivery “perde” la parte “esperienziale” che invece viene vissuta al ristorante. Stanno emergendo, però, realtà che usano bene la creatività e che stanno avendo un bel riscontro. Per esempio, in molti stanno lavorando sui kit: ovvero consegnano a casa tutti gli ingredienti e i preparati con le indicazioni dello chef per realizzare una cena gourmet. Daniel Canzian, per esempio, accompagna la consegna del kit inviando le istruzioni, via WhatsApp, delle cose da fare prima a casa».

Questo servizio cambierà “forma”?
«Fino all’altro ieri erano pochi i ristoratori a usare il delivery, ma hanno davanti ancora cinque settimane di chiusura e si stanno riorganizzando quasi tutti con delivery e take away. E si stanno ingegnando! Oltre al food, alcuni consegnano anche drink raffinati. Insomma basta osservare che cosa sta facendo la Cina oggi per capire cosa accadrà qui domani».

La tecnologia sta supportando la ristorazione?
«Assolutamente sì, con la riapertura la tecnologia sarà vitale per superare una serie di problemi. Per esempio attraverso delle app (come per esempio MyCia, Sooneat e Bonee, ndr) si prenoterà scegliendo il tavolo ed eliminando così l’interazione con il personale di sala e quindi il rischio di contagi. Dallo smartphone si consulterà il menu e si ordinerà alle cucine. Anche il conto si pagherà con il cellulare senza passare in cassa».

Così però elimineranno alcune figure della ristorazione?
«Ci sarà meno personale di sala. Andrea Berton, per esempio, ha deciso che le bevande saranno già sulla tavola e si eviterà di mandare il sommelier e di servire l’aperitivo. Il tutto, purtroppo, per ridurre al minimo il passaggio dei camerieri. Nelle cucine, lo stesso. La brigata di cucina si muove spesso in un ambiente molto piccolo e ogni piatto richiede l’interazione di più persone. Anche qui sono da rivedere tutte le regole».

A causa della recessione si andrà di meno al ristorante?
«Avremo tutti meno soldi e i ristoranti meno coperti. Bisogna prevedere che per forza andare al ristorante costerà di più: dopo una chiusura prolungata sono in perdita e alla riapertura più di un tot di persone alla volta non possono ricevere. Va da sè, quindi, che i prezzi si alzeranno».

In quarantena siamo diventati tutti chef, stanno emergendo nuove star della cucina?
«Gli improvvisati non credo che otterranno chissà cosa. Tutti ci siamo intrattenuti e sfogati ai fornelli, ma i professionisti sono altri. Anche il mio pane ora mi pare ottimo, ma quando potrò tornare a comprare quello di Davide Longoni sarò più felice! Certo cucinare fa bene, ci dona conforto, ma da qui a pensare che diventeremo dei nuovi Carlo Cracco la vedo dura. Inoltre, stiamo scoprendo quanto sia faticoso e impegnativo stare tanto ai fornelli».

Tutti gli chef stanno condividendo ricette e contenuti e svelano qualche piccolo segreto…
«Fanno personal branding, ma in modo intelligente e divulgano un po’ di sana cultura del cibo, che non fa mai male. Inoltre questa estesa condivisione sta servendo molto anche a loro. Molti stanno riscoprendo prodotti che avevano sottovalutato, perché considerati magari troppo casalinghi, e anche il piacere di cucinare. Alcuni si sorprendono di aver mantenuto la manualità! Insomma pare che questa lunga quarantena avrà un’incidenza anche nelle nuove ricette e nei nuovi menu. Ci sarà il ritorno a una cucina più semplice e più vera. Staremo a vedere».

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