Si chiama Apposta, e dentro il nome c’è tutto.
Più che un e-commerce, un vero negozio online di camicie. Che ha portato il concetto di sartorialità tradizionale nel mondo del web. Consentendo acquisti sicuri e di qualità, nonostante l’assenza di negozi fisici.
Apposta nasce da un’idea di Gianmarco Taccaliti e Gianluca Mei. Ed è proprio da quest’ultimo che ci siamo fatti raccontare il brand nato nel gennaio 2018. E che è un esempio di come la tecnologia può aiutare a far ripartire il commercio.
Apposta, le camicie fatte sul web
Intervista a Gianluca Mei
Innanzitutto: come sta andando?“Considerato che sono due mesi che abbiamo la filieria industriale bloccata, sta andando bene. Insomma: siamo in linea con i dati dell’anno scorso. Il problema all’inizio dell’emergenza era rispettare la data di consegna”.In quanto tempo arriva di solito una vostra camicia?“Ufficialmente due settimane, ma abbiamo già portato il termine a 10 giorni. Stiamo lavorando per arrivare a una settimana”.Apposta rappresenta un business innovativo in un settore tradizionale.“Questa è la nostra unicità. Gianmarco viene da un’esperienza storica, perché con la famiglia sono 100 anni che fa camicie, 4 generazioni di lavoro. Io vengo invece nasco nella consulenza di progetti digitali”.Un mix particolare.“All’inizio il nostro progetto era quasi un gioco, un esperimento. Ci siamo concessi di fare non il solito e-commerce, ma di ripensarlo in maniera libera. Diciamo che oggi si parla di
direct to consumer, ma quando ce lo siamo inventato noi era semplicemente l’idea di essere in contatto diretto con il singolo cliente anche grazie ai nuovi mezzi tecnologici”.
Con quale scopo? Comprare una camicia senza provarla può sembrare complicato.
“La verità è che un prodotto standard non ha senso: le persone non sono standard. Le taglie fissate per tutti servono alla logistica e ai negozi, perché non si può avere un qualità illimitata di merce. Diciamo che è un sistema per tutti, ma non per tutti”.
Da qui ecco Apposta.
“Il nostro progetto era creare e-commerce vestito internet. Nel senso: la maggior parte degli store online portano sul web ciò che è pensato per stare in negozio. Con tutti i problemi che ne derivano, anche quando si compra su Amazon per esempio”.
Tipo?
“Ha mai provato a comprare un paio di scarpe? Le conviene prenderne tre o quattro, provarle e poi rimandare indietro quel che non vanno bene. Tra una cosa e l’altra si sta in ballo un mese. E si perde la voglia”.
Voi come avete risolto?
“Innanzitutto bisogna registrarsi. Poi si crea il profilo delle misure, con l’aiuto di guide video su cui abbiamo lavorato a lungo. Lo facciamo fare direttamente al cliente con un metro, c’è chi si fida delle app ma poi si accorge che ci sono differenze anche di 4-5 centimetri. Col nostro sistema al massimo si arriva a 1”.
Funziona sempre?
“Funziona. Anche perché dopo questo primo livello c’è il controllo di un algoritmo, che avvisa nel caso rilevi una probabilità di errore. Attenzione però: questo non vuol dire che le misure siano sbagliate, è solo una precauzione. Noi vogliamo vestire ogni tipo di corpo, l’algoritmo è solo probabilità. Successivamente ci sono altri due livelli di controllo in produzione”.
E come si fa a scegliere la camicia?
“Ci sono due modi. Il primo è selezionarla da modelli già pronti, l’altra e farsela passo dopo passo dal tessuto alle ultime finiture. In ogni caso la personalizzazione è massima: colli, bottoni, polsi, iniziali ricamate, vestibilità. Tutto è spiegato e tutto è senza costo: si paga solo il prezzo del tessuto”.
Quali sono i risultati fin qui?
“Abbiamo circa 40mila clienti. Nel 2019 più i primi due mesi del 2020 abbiamo venduto 11.500 camicie, spedite in più di 80 Paesi”.
Quante sono tornate indietro?
“Il nostro tasso di errori dell’1 e mezzo per cento. E vi assicuro: è più facile farsi la camicia che sentirsi raccontare come si fa. Ci sono 7 misure da prendere, si seguono i video e il gioco è fatto”.
Una bella percentuale di successo.
“A conti fatti offriamo al 98 e mezzo per cento un prodotto che arriva perfetto. E se non va bene lo rifacciamo a spese nostre. Così il cliente alla fine è sicuro al 100% di avere ciò per cui ha pagato”.
Una camicia sartoriale.
“Stiamo parlando di un’esperienza centenaria sui tessuti e di fornitori di alto profilo”.
Apposta può essere un esempio per il dopo emergenza?
“Noi pensiamo di sì. Il motivo più contingente è che ora la parte di distribuzione è da rivedere: la gente per un po’ avrà paura a entrare nei negozi. Tutto ciò che è digitale funzionerà”.
Cambieranno le abitudini.
“Vivere così per due mesi ci ha fatto vedere quanti vincoli non fossero necessari. Andare in negozi affollati spesso non serve. Così come passare tutta la giornata in ufficio nel traffico per starci quando siamo meno produttivi. Non si tornerà più indietro. E poi ci sono altri due fattori”.
Quali?
“Il nostro modelli rispetta le individualità. Niente resi e rimborsi. E una volta che ti si fatto il profilo non devi provare più niente. Basta un clic: ci sono 4000 tessuti online, le possibilità di modello sono 4mila miliardi. Anhe se alla fine si trovano quei due-tre che piacciono e si tende a ricomprare quelli”.
E infine?
“L’ha detto anche Giorgio Armani: basta con quel criminale e immorale sottoprodotto dell’industria dei rifiuti della moda. Con collezioni che cambiano in continuazione, solo meno della metà viene venduta. E le case fanno falò di quel che resta”.
La vostra tecnologia per la moda e non solo per le camicie, insomma.
“Per tutto. Quello che le ho descritto è un crimine per l’ambiente: lo sa che per fare un jeans servono 300 litri d’acqua? E sa quanti jeans alla fine vengono buttati via? Ecco: portiamo gli scarti a zero. Apposta dimostra che è possibile farlo”.
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