«A che serve il metaverso?», prossima puntata. Possiamo chiamarla così questa chiacchierata con eClerx Digital, azienda veneta specializzata nella produzione di contenuti che è rimasta così aggiornata ai cambiamenti della tecnologia che è già entrata nella realtà virtuale. Mauro Donatelli, che ne è il Sales Director EMEA, ci accompagna in questo nuovo mondo, raccontando di come appunto il made in Italy diventa il valore aggiunto: «Facciamo parte di un gruppo globale indiano che si occupa di digital, e per noi un vantaggio: è come guardare dalla finestra, perché c’è la possibilità di lavorare per multinazionali e intercettare i loro orientamenti. E quello che vediamo è che tutti si stanno muovendo in questo campo, i progetti sono reali e in tutti i settori, con un’accelerazione negli ultimi 6 mesi. Detto questo però l’italianità è vincente, e sta dando un’impronta importante».
La rivoluzione del metaverso spiegata da eClerx Digital
Partiamo da qui insomma: come nel mondo reale il metaverso ha qualcosa di noi. Prendiamo eClerx Digital, appunto: presente a Verona da 50 anni, è nata con la stampa tradizionale. Ma ha saputo adattarsi a quanto il mercato chiedeva per la promozione dei contenuti: «In fondo non cambia nulla – spiega Donatelli -: si è partiti dai cataloghi Postalmarket, si è passati ai grandi magazine per finire poi ai social network. Quando erano arrivati facebook o YouTube ci facevamo le stesse domande di oggi. E la risposta è che dove ci sono i consumatori quello è il posto dove presentare un prodotto. Cambiano solo le esigenze. Mio figlio, per esempio, vuole essere TikTok o Fortnite con le stesse scarpe che ha comprato nella vita reale. Noi diamo a chiunque questa possibilità».
Per questo serve una struttura ad hoc, al passo coi tempi in cui bisogna dotarsi di Nft o blockchain per garantire scambi e sicurezza. E per Donatelli chi si muove oggi è già in ritardo: «Prendete il caso della moda: ci sono case già da tempo attive sul metaverso. Quindi bisogna buttarsi: noi lo abbiamo fatto quasi per gioco all’inizio. Quando abbiamo cominciato a interagire con le Università di Verona o di Cambridge, abbiamo capito che questa era la strada. In Italia ci sono ormai tante piccole e grandi società che stanno cogliendo l’opportunità. Buttandosi prima, e poi con concept già avanzati. Siamo più avanti degli americani che pretendono di strutturare il business prima di esplorarlo».
I settori già nel virtuale
Ma quindi: a che serve il metaverso? In realtà si dovrebbe chiedere innanzitutto dove serve. E i settori in cui i dati sono in crescita sono quelli del fashion e degli elettrodomestici. Là dove la pandemia ha accelerato la trasformazione dell’e-commerce: «Due anni fa i buyers era abituati ad andare alla sfilate per comprare: quando il mondo del fashion si è fermato è arrivato il momento di far capire la necessità di cambiamento. Così come il fatto di rimanere tutti in casa ha portato le famiglie a rinnovare la dotazione tecnologica in cucina. Acquistando online».
Il futuro insomma è arrivato, forse non in tutti i campi, «anche se, per dire, magari anche nel turismo si potrebbe utilizzare la realtà virtuale per pre-esplorare navi da crociera prima di scegliere un viaggio. Certo, alle Maldive è meglio andarci di persona…». E comunque l’immobiliare di sicuro ne avrà vantaggi («e noi stiamo cercando un ufficio a Milano a distanza…»), così come il mondo delle videoconferenze. Resta però il problema di trovare persone adatte a lavorare in questo nuovo mondo: ci vogliono insomma quelli che vengono definiti «artigiani del visuale». E la ricerca è ancora difficile.
«E non è solo questione di università, ma il lavoro deve cominciare dagli istituti tecnici, come succede all’estero. Servono anche specialisti in analytics, perché ogni azione che fai oggi viene tracciato e quindi c’è necessità di specialisti che quei dati li sappiano usare bene. Od anche esperti di diritti d’autore nel web. E poi comunque un po’ di filosofia non guasta: se volete un consiglio, rileggetevi il Neuromante di William Gibson. Perché se volete una spiegazione di cosa sia il metaverso lì c’è tutto. E con parecchi anni di anticipo…».
Il ritorno di Second Life
Una volta c’era Second Life: nacque nel 2003 e ci si poteva fare una vita parallela. La tecnologia era però ancora primitiva e dopo un po’ gli appassionati si stufarono di un mondo imperfetto. Boris Rodegher è l’Head of CGI Solutioning, Design & Innovation presso CLX Europe, responsabile del design 3D di eClerx Digital. L’uomo che crea i «gemelli digitali» per vivere nel metaverso: «Ed è una storia che continua: creiamo contenuti con una tecnica nuova ma con l’esperienza acquisita negli anni. In fondo il metaverso è uno spazio vuoto, noi vogliamo dare a tutti i mattoni per costruirlo. Siamo un po’ gli interior designer del nuovo mondo». Ci sono ancora problemi da superare, ma il futuro è tracciato: «Sta nascendo una seconda economia, parallela a quella reale. Second Life? È arrivato troppo presto. Ma ora ha una seconda possibilità».
In questo articolo la differenza tra metaverso e web3.

giornalista appassionato di tutto quanto fa tecnologia, caporedattore del quotidiano Il Giornale
