Igoodi, come diventare un’avatar e utilizzarlo bene (intervista a Billy Berlusconi)

da | 27 Set 2019

L’avatar che c’è in noi adesso può prendere vita.

E questo il senso di Igoodi, più che un’azienda vera e propria, un’idea. Entrata nel portafoglio di GELLIFY ( www.gellify.com ), piattaforma di innovazione B2B. Che seleziona, investe e fa crescere startup innovative del settore digitale e le connette con le aziende tradizionali in ottica open innovation. E che in questo  sta supportando il team nel progetto “The Digital You” e nell’implementazione della piattaforma e dell’applicazione mobile.

L’idea che dicevamo è che essendo ormai divisi in vita reale e vita digitale, serva qualcuno che ci rappresenti pienamente anche nel mondo del web. Un nostro alter ego che possa contenere i nostri dati e che le usi con coscienza. Quello che vedete è il mio, di avatar. Il resto della spiegazione la lasciamo a quello che l’idea l’ha avuta, cioè Billy Berlusconi. Che potete vedere e sentire anche nel video allegato.

L’avatar creato da Igoodi

Che cos’è Igoodi e come funziona

Intervista a Billy Berlusconi (pubblicata su Il Giornale del 27 settembre)

Nel mondo d’oggi esistono due Io: quello reale e quello virtuale. Dunque perché non avere un alter ego da far viaggiare nel web al posto nostro? Diciamolo insomma: ci vuole forse un po’ di sana follia per immaginare di diventare produttore di avatar. Ma appunto, se la follia è sana, sfocia in un genio tutto italiano di immaginare il futuro. Igoodi insomma nasce così: due «I». Io all’inizio e alla fine e di un «good» in mezzo per spiegare ciò che di buono si può fare il proprio avatar. Sopra, nel senso al vertice dell’azienda, c’è Billy Berlusconi: «Il nome lo pronunciamo aigùdi e nel marchio c’è tutta l’essenza di quello che facciamo».

Cioè «The Digital You»…
«Sì. Il primo Io è quello in uscita dalla rivoluzione industriale, il secondo è quello che è entrato in quella digitale».

Come funziona Igoodi?
«Semplice. Trasformiamo in bit il nostro corpo, per portare dietro tutte le nostre informazioni. Che sono uniche».

Quindi privacy garantita.
«Prima regola: i dati sensibili devono restare a disposizione dell’utente e solo a lui. Ed è lui che decide se metterli a disposizione alle aziende per avere prodotti e servizi innovativi».

Può venderli, dunque.
«Potrebbe monetizzarli. Ma io vedo anche un valore non economico, che può essere messo a disposizione della ricerca e del sociale».

Qual è il vostro mercato?
«In realtà non esiste, lo stiamo inventando. È l’inizio di un percorso nel terreno digitale. E il traguardo è ancora sconosciuto».

Come si diventa un’avatar?
«Abbiamo una piattaforma che li fa vivere in ambiente virtuale. Grazie al <CF201>The Gate</CF>, un fotoscanner evoluzione di una cabina delle fototessere, si produce il proprio secondo Io in maniera semplicissima».

Ovvero?
«Si scarica l’app, si seguono le istruzioni per entrare in cabina, ci si fa riprendere e il gioco è fatto. Dopo 4 anni di ricerca e sviluppo utilizziamo una tecnologia del mondo del cinema».

E l’avatar dove finisce?
«Ha una casa, il nostro smartphone. Prende vita nell’app, dove ci saranno anche tante sezioni per utilizzarlo».

Un esempio?
«Per ora c’è la possibilità di accedere a voucher e offerte speciali. Però presto ci sarà un collegamento diretto con le aziende. In campi come moda, entertainment, gaming e settore medicale».

Per fare cosa?
«Se ti vuoi far fare un vestito, le misure già sono lì. Se vuoi giocare a fianco di Cristiano Ronaldo, in un videogame lo potrai fare. Ma ripeto: è anche l’aspetto scientifico-medicale importante. I potenziali sono infiniti: l’avatar porta con sé le misure morfologiche e l’immagine digitale corrispondenti a quello che sei. E in ottica 5G lo sviluppo è incredibile».

Aziende coinvolte?
«Fino ad oggi siamo stati molto nascosti, ma abbiamo riscontrato grande interesse. E stiamo già lavorando con il centro ricerche di un’università».

Quanti siete in Igoodi?
«Siamo partiti in 4, i cofondatori. Adesso è un’azienda con 14 dipendenti e abbiamo con diversi partner tecnologici e strategici. E la cosa più bella di tutte è un’altra».

Cioè?
«Stiamo inventando nuovi mestieri. Questo è un momento storico di opportunità. Certo: spiegare l’idea a mio padre è stato difficile. Però per i miei figli invece è una cosa normale».

Fiducioso?
«Certo, anche se oggi fare l’imprenditore è immaginare un’idea, rischiare e sperare che vada bene. Ma è eccitante, mi sento quasi un esploratore… La nostra visione è l’umanesimo digitale: la tecnologia deve essere al servizio dell’uomo e l’unicità di ognuno di noi va valorizzata. Che questa visione sia made in Italy ci riempie d’orgoglio».

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