Pubblichiamo un articolo di Domenico Fucigna, presidente di Tea trends Explorer. Il tema è la gamification, ovvero quanto di buono il gioco moderno può fare per riuscire a raggiungere il successo sfruttandone i lati positivi.
Tutto il buono della gamification
di Domenico Fucigna
Il gioco è un’espressione estremamente significativa di un’epoca. Gli antichi consideravano uno spettacolo giocoso anche guardare alcune fiere che sbranavano dei cristiani. Oggi, la pratica di applicare elementi propri del gioco a contesti altri sta dilagando e questi si rivelano fattori chiave per il successo di un prodotto o di un messaggio.
La gamification consiste proprio nell’applicare l’estetica e i meccanismi del gioco a settori dai quali le forme espressive e linguistiche del gioco sembravano le più lontane.
Oltre ai mondi della scienza e del management, oggi la gamification tocca la grigia normativa burocratica, il paludato linguaggio accademico e la formazione d’impresa. Forme, colori, design e tempi del gioco sono i più adatti a ingaggiare il pubblico anche in politica e per trasferire efficacemente concetti poco attraenti o molto complessi.
La spinta estetica
Sul piano estetico, in questo periodo emerge una forte spinta nostalgica e il riferimento ricorrente agli anni ‘80. Basti pensare ai due prodotti visivi che hanno avuto più successo negli ultimi anni, fino a diventare dei veri e propri casi di studio. Pokèmon Go e Stranger Things partono da elementi noti: il primo dai famosi personaggi creati in Giappone nel ’96 per la console Game Boy; il secondo è una TV series che, usando la stessa struttura di American Horror Story, sfrutta tutti i caratteri e le dinamiche dei film di fantascienza degli anni ’80.
In generale, anche nella moda e nell’arredo, ad esempio, la gamification del prodotto si evidenzia attraverso l’insistita presenza di riferimenti all’immaginario infantile. Che possono sembrare inappropriati se consideriamo che il consumatore target va dai 20 ai 35 anni e oltre, e invece diventano elementi di attrazione formidabile.
La leva del colore
Quindi: il linguaggio visivo ricorre a forme geometriche elementari, texture virali, accostamenti stridenti e fumettistici, citazioni degli anni ’70 e ’80, tratti dal mondo Fiorucci e di Memphis. Cche sono il pane quotidiano degli eredi della postmodernità, cultori di un periodo spensierato al quale si guarda con occhio nostalgico, soprattutto in questo momento di difficoltà economica e di instabilità sociale.
Il colore è una leva fondamentale per la gamification del prodotto e del messaggio, oltre che della formazione tecnica e manageriale. Le neuroscienze dimostrano che configurazioni cromatiche precise possono portare gli individui ad adottare comportamenti e scelte prevedibili. In sostanza, i colori stimolano determinate emozioni e, di conseguenza, inducono determinati comportamenti. Anche in questo campo, si aprono nuovi mondi.

giornalista appassionato di tutto quanto fa tecnologia, caporedattore del quotidiano Il Giornale
